Invito alla testimonianza di chi ha ricordi di vita vissuta sull'isola albanese
mercoledì 14 gennaio 2015
martedì 13 gennaio 2015
Reportage Albania
E’ bastato
l’entusiasmo contagioso di Caterina per convincerci ad attraversare il Canale
d’Otranto e trascorrere alcuni giorni in Albania, dove lei ormai è di casa da
vent’anni durante i quali ha tessuto e consolidato amicizie e affetti diventati
più che familiari. Per cui, quando lei annuncia che sta per arrivare nel paese
delle aquile, si attiva una sorta di tam-tam, un passaparola tra i suoi amici
albanesi, dislocati in varie parti del paese, che dopo un intrico di
telefonate, e-mail e quant’altro iniziano a preparare l’accoglienza con inviti
e incontri durante tutta la permanenza.
Caterina ha dedicato all’Albania molti
libri fotografici e documentari a partire da “Le figlie di Teuta” a “Luli,
fiori d’Albania” sino a quello più recente “L’isola di Rina. Ritorno a Saseno”.
La decisione del viaggio, a dire il vero, è stata immediata e i preparativi
alquanto veloci, sollecitati dall’omaggio a Rina Durante in terra albanese in
occasione della “Settimana della lingua italiana nel mondo
Sul traghetto
Brindisi-Valona, nonostante le poche ore di sonno in cabina, la notte passa
veloce e tra una sigaretta e l’altra, un caffè, un giro attraverso i vari ponti
della nave e qualche chiacchiera con Caterina, Giovanna e Cesarina le sette ore
di traversata trascorrono veloci, tanto che alle prime luci dell’alba l’isola
selvaggia e solitaria di Saseno ci appare con tutto il suo carico di emozioni
perché quella era l’isola di Rina.
Inizia con questa immagine l’arrivo in
Albania, raccontata in diretta con più fotografie da Caterina e conservate
nella memoria della sua macchina fotografica digitale e in quella di una
piccola telecamera, che ha sempre a portata di mano tanto che viene da pensare
ad un suo prossimo documentario o libro. Di Saseno si dicono molte cose ma
ancora non è ben chiaro quale sarà il destino l’isola albanese che annuncia la
baia di Valona a poche decine di miglia dalla costa adriatica pugliese. Certo è
che, al di là dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, non sarà più l’isola
dell’infanzia gioiosa di Rina Durante, dato che si parla di villaggi turistici
con annessi casinò, centri benessere e catene commerciali secondo un’idea
progettuale dell’immancabile sceicco arabo. Per ora, appunto, è solo un’idea ma
sono in molti, invece, a sperare che diventi un parco naturale capace di
qualificare al meglio un turismo sostenibile come risorsa economica su cui la
giovane e nuova classe dirigente del “paese delle aquile” dovrebbe puntare,
senza alcun tentennamento, proprio per evitare quella rapina del territorio con
improbabili e mostruose costruzioni, che dopo la caduta del comunismo sono
sotto gli occhi di tutti da Durazzo a Valona, a Tirana e in altre città.
Quanto mai
opportuna è stata, dunque, l’iniziativa del console italiano Stefano Bergesio
ad ospitare presso la sala convegni del Palazzo della Cultura “Laberia” di
Valona, la presentazione del libro-documentario “L’isola di Rina. Ritorno a
Saseno”, che ha visto un’affollata
partecipazione di giovani e anziani, veterani della Marina militare albanese,
intellettuali e scrittrici, tra cui Tatjana Kurtiqi e Diana Chuli, quest’ultima
pubblicata in Italia dall’editrice salentina Besa di Livio Muci, che hanno
potuto così scoprire e ad alcuni di ricordare quell’isola inaccessibile perché
militarizzata nel corso dei decenni trascorsi.
Tatjana e Diana sono venute a
Valona da Tirana ed anche Teùta Alia lo scrittore
Nasho Jorgaqi, Lura Baci, Leonardo Zito e Luan Sula, noto cantante lirico dell’Opera di Tirana, ha voluto essere presente all’incontro, segno del forte rapporto che lo lega a Caterina, madrina peraltro del suo primogenito.
Va detto che c’è voluta tutta la caparbia di Caterina e una
forte volontà e passione per allestire questo complesso lavoro editoriale non
solo sul fronte della scrittura collettiva di più autrici ma, soprattutto,
nella realizzazione del video giacchè per poter raccogliere, filmare e
documentare ciò che resta di Saseno ha dovuto superare infiniti impedimenti
burocratici relativi allo status militare di quel pugno di terra nel Mare
Adriatico. Ma alla fine, superando ostacoli a non finire, è riuscita a fissare
per sempre uno sguardo unico ed esclusivo dell’isola, dove negli anni Trenta,
in pieno regime fascista, la piccola Rina imparò a leggere e a scrivere e a
muovere i primi innocenti passi verso quella capacità narrativa, che avrebbe
segnato per sempre la sua esistenza.
Oltre l’affetto e la memoria, l’azzardo del libro e il
relativo documentario rappresentano una testimonianza di grande afflato proprio
perché mettersi sulle tracce inesistenti della nostra indimenticabile amica nella
solitudine di Saseno assume tutta la valenza struggente di un’epoca perduta per
sempre. Resta però il “luogo dell’anima”, metafora di ciascuna delle nostre
esistenze, aggrappate a momenti che hanno segnato il trascorrere del tempo.
Così per Rina è stata l’isola aspra e selvaggia delle ginestre, che non ha mai
più potuto rivedere se non in lontananza, durante le nostre traversate verso la
Grecia a bordo della mitica pilotina, che chiamammo “Hotel Alalonga” quasi
fosse uno yacht per miliardari attraccato a Corfù. Ma se Saseno era
irraggiungibile, Rina non distolse mai lo sguardo indagatore sull’Albania,
tanto che restano memorabili i suoi reportage
pubblicati a partire dagli anni Sessanta sino a metà degli Ottanta del secolo
scorso su diversi giornali, tra cui La
Gazzetta del Mezzogiorno e Quotidiano
di Lecce, Brindisi e Taranto delle cui pagine culturali e di quelle degli
spettacoli avevo la responsabilità redazionale. Fu quella una stagione
straordinaria e irripetibile, che si sviluppò sino all’alba del nuovo secolo e
che proprio per questo rende ancora più tangibile la mancanza di quel confronto
quotidiano e di quella fraterna e amicale complicità con Rina a dieci anni
esatti dalla sua scomparsa.
Occorre ricordare che a Saseno, avamposto militare anche
dopo il fascismo durante il regime comunista di Enver Hoxha, non mancava nulla:
c’erano sì caserme e bunker ma anche cinema, teatro, negozi, scuole,
biblioteche; non c’era però l’acqua che arrivava con capienti navi cisterne e
che ancora oggi costituisce un’evidente carenza. Di tutto questo non è rimasto
più nulla, solo costruzioni diroccate o rase al suolo da incomprensibili
esercitazioni militari e da una inconcepibile furia distruttrice di tutte le
strutture pubbliche, che il comunismo aveva realizzato non solo in quel pugno
di terra ma in tutta l’Albania. La ricostruzione sarà ancora lunga e faticosa,
ma l’ottimismo si percepisce in ogni campo e suscita una naturale curiosità per
come sarà costruito il destino e il futuro di questo piccolo paese dalla grande
dignità. Certo non potrà essere solo il turismo l’unica fonte di ricchezza, ma
dovranno pensare anche a riattivare il settore primario dell’agroalimentare e
rimettere in piedi un minimo di sistema industriale di piccole e medie imprese
per evitare che l’Albania diventi definitivamente un protettorato
tedesco-americano. Qui la prospettiva europea potrebbe giocare un ruolo
determinante se solo si fosse capaci di abbandonare gli egoismi nazionali e
quella sorta di neo-colonialismo degli anni Duemila, ancora più devastante di
quello passato ormai alla storia.
La permanenza in Albania con Caterina, Giovanna e Cesarina
ci ha fatto scoprire o riscoprire non solo una inaspettata vivacità
intellettuale, frutto anche della vecchia formazione di carattere francese, ma
anche un paese giovane dal “cuore antico” e dalle mille sfaccettature e,
soprattutto, ha fatto sì che venissero meno quei pregiudizi rispetto ai nostri
dirimpettai, nati e cresciuti all’ombra del loro lungo e doloroso esodo biblico
verso le nostre coste ma oramai, si spera, definitivamente sepolti. Ci
apparivano così lontani gli antichi popoli dell’Illiria e dell’Epiro ma erano
vicini, più prossimi di quanto potessimo pensare non solo per la comune storia
ma per quell’Adriatico, che pur nella diversità e nelle drammatiche
vicissitudini, ha accomunato culture, scambi e interessi ancora oggi attuali.
Con il Salento e con la Puglia i legami si sono ulteriormente
rafforzati anche grazie alle iniziative culturali della rappresentanza
diplomatica italiana, che consegnano nuove aperture economiche e disegnano
percorsi intellettuali, capaci però di non dimenticare la storia. E a proposito
di storia, tra la scoperta della medievale e bellissima Kruje, antica capitale
albanese e città dell’eroe dell’indipendenza nazionale Giorgio Castriota
Scanderbeg - cui è dedicato un museo
Pirro
Vaso e Pranvera Hoxha - e la brulicante e operosa Tirana, che pur conservando intatti i suoi tratti
balcanici, è diventata a tutti gli effetti una metropoli europea con migliaia
di italiani che lì risiedono e lavorano, abbiamo avuto in più occasioni
l’opportunità di avere contezza della proverbiale ospitalità degli albanesi. Come
nel caso dell’incontro con il Maestro Oleg Arapi, direttore dell’Orchestra
sinfonica della Rtsh radio-televisione albanese formatosi nel prestigioso
Conservatorio di Mosca “ Chaikovsky”, che dopo aver
soggiornato a lungo in Italia ha di recente diretto l’opera lirica in due atti “La
cartomante” del Maestro casaranese Salvatore Valente, andata in scena in prima
assoluta a Tirana nell’aprile scorso. Caterina ha voluto incontrare il M° Arapi
per metterlo in contatto con un sindaco di un Comune salentino in vista di una
eventuale esecuzione dell’opera nel Salento, ulteriore dimostrazione questa della
sua attitudine a tessere e trasmettere rapporti e collegamenti culturali con
l’Albania. Un incontro terminato, ovviamente, con un invito a colazione nel
ristorante “La vita è bella”, uno dei migliori locali di Tirana, proprio vicino
alla nostra ambasciata.
Un’eccellente ospitalità come quella
di Tatjana
Kurtiqi e di suo figlio, giovane giornalista con studi al Dams di Bologna, che
per festeggiare la sua assunzione annuale nella redazione del telegiornale
della Rtsh, ha voluto invitarci a cena in un frequentatissimo ristorante tipico
dove la gastronomia albanese dà il meglio di sé, sul tipo di quello
intercettato ad Oricum nei pressi di Valona, dove insieme alla cucina italiana
trionfano pesce e carne ovina. Qui, preceduti da una telefonata di Tonino da
Lecce, che ben conosce il proprietario e l’Albania, siamo stati ricevuti e
trattati con grande amicizia, particolare che non ci è sfuggito e che è stato
argomento anche di piacevole e sorridente sorpresa.
Ma quella che più personalmente ha
fatto maggiore presa è stata l’accoglienza che ci ha riservato Nexhmije Hoxha, amica
di Caterina e vedova del dittatore comunista Enver Hoxha, nella sua
modestissima casa nella estrema e degradata periferia di Tirana. Caterina
conosce da tempo Nexhmije ed a lei, insieme ad Ada Donno, ha dedicato il volume
“Il dovere della memoria” ed il documentario “Enver, mio compagno di lotta e di
vita”
Nexhmije è un’anziana e bella
signora più che novantenne, affabile e generosa, lucidissima e ancora energica,
nonostante i numerosi malanni che aggravano le sue condizioni fisiche ma che
non hanno minimamente scalfito la sua vividissima capacità intellettuale, tanto
che recentemente è stata a lungo intervistata dalla maggiore rete televisiva
albanese, mentre continua a lavorare quotidianamente ad una sua biografia per
raccontare la sua vicenda umana e politica, a partire da quando ancora
studentessa scelse la clandestinità per unirsi ai partigiani nella lotta contro
il nazi-fascismo, combattuta in terra albanese anche dagli italiani della
Brigata Gramsci. Nella sua piccola abitazione, spesso meta di amici e
conoscenti di tutte le nazionalità, Nexhmije vive con rigorosa dignità e
conserva, insieme a molti libri e foto del marito e dei suoi familiari, una sua
immagine di giovane partigiana in cui è ritratta in tutta la sua acerba
bellezza. tato da Pirro
Vaso e Pranvera Hoxha -
Nexhmije è un’anziana e bella
signora più che novantenne, affabile e generosa, lucidissima e ancora energica,
nonostante i numerosi malanni che aggravano le sue condizioni fisiche ma che
non hanno minimamente scalfito la sua vividissima capacità intellettuale, tanto
che recentemente è stata a lungo intervistata dalla maggiore rete televisiva
albanese, mentre continua a lavorare quotidianamente ad una sua biografia per
raccontare la sua vicenda umana e politica, a partire da quando ancora
studentessa scelse la clandestinità per unirsi ai partigiani nella lotta contro
il nazi-fascismo, combattuta in terra albanese anche dagli italiani della
Brigata Gramsci. Nella sua piccola abitazione, spesso meta di amici e
conoscenti di tutte le nazionalità, Nexhmije vive con rigorosa dignità e
conserva, insieme a molti libri e foto del marito e dei suoi familiari, una sua
immagine di giovane partigiana in cui è ritratta in tutta la sua acerba
bellezza.
E’ un’amabile conversatrice, che in
perfetto italiano – lingua molto diffusa in Albania - ha ricordato il suo
lontano viaggio nel 1997 a Lecce ospite dei suoi amici Ada e Maurizio e del suo
incontro con Rina a casa di Caterina durante una cena di cui non ha perso
memoria. Quello tra Caterina e Nexhmije è un rapporto filiale, che parte da
molto lontano e che nel tempo si è rafforzato, andando oltre le ferite
immancabili della storia. Così, anche in questa occasione non sono mancate le
fotografie perché Nexhmije ha voluto che Caterina, insieme a noi, ne
conservasse traccia.
Ora del comunismo albanese si può
pensare tutto il male possibile e immaginabile ma si fa fatica ad immaginare
che tutto quello che è stato sia da gettare nella spazzatura della storia e che
questa anziana e distinta signora possa essere stata in passato una feroce e
spietata persecutrice, tanto da aver scontato cinque anni di carcere ma solo,
però, per appropriazione indebita ai danni dello Stato. Guai a sospendere il
giudizio ma forse la storia, eterna consolatrice, ci racconterà con il passare
del tempo, che tutto attutisce, un’altra narrazione anche più dannata e
drammatica di lacrime e sangue ma non così dissimulatrice perché, in fondo,
tutte le grandi utopie (insisto su “tutte”) hanno impresso in milioni e milioni
di uomini e donne il marchio di esaltanti passioni rivoluzionarie e scie di
travolgenti e abissali tragedie, che nessuna vendetta riuscirà mai a risarcire.
E, pertanto, vale la pena di guardare con fiducia e speranza al domani,
riconoscendo il meglio del passato senza dimenticare nulla di quella
esperienza, consegnata ormai irrevocabilmente alla storia.
La memoria adesso corre a quell’estate del 1988 quando con
una delegazione del sindacato scrittori, di cui Rina era una infaticabile
dirigente, avremmo dovuto recarci nella “lontana” Albania per una serie di
incontri culturali ma poi, con passaporti e documenti già pronti, tutto fu
rinviato per cause che non riuscimmo mai compiutamente a comprendere ne
tantomeno a giustificare. Così si perse l’occasione di conoscere più da vicino
i momenti che precedettero il crollo del Muro di Berlino e con esso la fine del
comunismo allora realizzato nell’Europa dell’Est.
Allora, senza nessuna indulgenza,
infingimento o, peggio ancora, dannazione della memoria occorre far quadrare i
conti con il passato che non passa, anche con quello più recente del dissesto e
della mancanza di regole certe, e pensare al futuro con ben altra e paziente
prospettiva, facendo proprio con il pessimismo della ragione l’ottimismo della
volontà. E questo ci è sembrato essere, nonostante i morsi evidenti della
crisi, il cammino del modello intrapreso, pur tra difficoltà e incertezze,
dalla nuova e, per certi versi, sorprendente Albania mai come oggi così vicina
e non più lontana come ai tempi di Rina e della sua mitica e inaccessibile
Saseno, tante volte sognata e raccontata e mai più ritrovata quasi fosse
l’isola che non c’è.
Massimo MELILLO
Un emozionante ritorno a "Casa"
XIV Settimana della Lingua Italiana a Valona.
Il Consolato Generale d'Italia a Valona
in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo organizza il 31 Ottobre 2014, ore 18:00
presso il Palazzo della Cultura “ Laberia” di Valona
la presentazione del Libro/Documentario
“L’Isola di Rina. Ritorno a Saseno” a cura di Caterina Gerardi
Saluti del Console Generale D’Italia a Valona
Dott. Stefano Bergesio
Interventi
Caterina Gerardi, regista
Ada Donno, giornalista
Diana Chuli, scrittrice
Tatjana Kurtiqi, scrittrice
Massimo Melillo, vicepresidente Associazione Stampa
Di Puglia
Lura Baci, traduttrice e interprete
Testimonianze
Leonardo Zito, luogotenente Marina Militare Italiana
Dionis Andoni, capitano del porto di Valona
Bardhosh Gace, scrittore, etnografo-Università di Valona
Pietro Brokaj, Marina Militare Albanese
GRANDE ACCOGLIENZA!
Il 31 ottobre 2014 si è conclusa presso il palazzo della cultura
"Labëria" con la presentazione del libro/documentario "L'ISOLA DI RINA.
RITORNO A SASENO" in presenza dell'autrice, regista e giornalista
Caterina Gerardi, del giornalista Massimo Melillo, delle scrittrici
albanesi Diana Culi e Tatjana Kurtiqi, delle autorità locali e di
persone che hanno vissuto sull'isola di Saseno.Dott. Stefano Bergesio
Interventi
Caterina Gerardi, regista
Ada Donno, giornalista
Diana Chuli, scrittrice
Tatjana Kurtiqi, scrittrice
Massimo Melillo, vicepresidente Associazione Stampa
Di Puglia
Lura Baci, traduttrice e interprete
Testimonianze
Leonardo Zito, luogotenente Marina Militare Italiana
Dionis Andoni, capitano del porto di Valona
Bardhosh Gace, scrittore, etnografo-Università di Valona
Pietro Brokaj, Marina Militare Albanese
Iscriviti a:
Post (Atom)