lunedì 13 maggio 2013

Leggendo L'isola di Rina


Cuciture di Santa Scioscio
Collage di ritagli di immagini, frammenti di fotografie, matite,
acquerelli, acetati con calligrafia cuciti su cartoncino

[Per ingrandire cliccare sulle immagini]



"Le bianche scogliere del Salento richiamano il volo sghembo dei gabbiani, sembrano levigate dalle lunghe ali pallide, rotte qua e là dagli improvvisi colpi delle zampette. Negli anfratti s’intrufolano le erbe marine, quelle azzurre, misteriose, che sembrano brani d’onda impigliati tra le rocce.



La costa bassa sembra ansiosa di pareggiare il mare, si sfalda voluttuosamente nell’azzurro in una smania silenziosa di distruzione.
La terra frana, porosa, cedevolissima.
Il mare la divora in un impeto spumoso, ebbro di tanta arrendevolezza, incapace di comprendere che la terra, al pari di una donna che si dona, s’accampa inavvertita dentro di lui.




Quando arrivai nel Salento, Saseno, dove avevo trascorso l’infanzia, era divenuta già un mito. Questa nuova terra aridissima distesa all’infinito senza alcun ostacolo che ne interrompesse la teoria delle pianure, brulle, questa nuova variazione della crosta terrestre così ostinatamente incolore, sfornita e povera d’ombra s’accampò come un triste emblema nello spazio del mio spirito.
M’impegnai ad odiarla fino alla morte e, nella mia ostinazione infantile, durai finché potei. Ma quando giungeva primavera, una commossa animazione, mi scioglieva il nodo del petto: ripensavo ai pascoli azzurri dell’isola, le vette aguzze dell’Albania, l’antro verde delle argentarie, umido di frescura.




Le immagini dell’infanzia, legate ai luoghi che affioravano, mi consumavano di angoscia.
[…]"

Da “Le parole di Rina”, in "L’isola di Rina, ritorno a Saseno"
“La bella moglie del comandante”, p. 152 (da Quotidiano di Lecce, 15 giugno 1980)


Nessun commento:

Posta un commento